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COPPA AMERICA, ZANETTI:" VOGLIO VINCERE,SANCHEZ IL MIGLIORE DEL NOSTRO CAMPIONATO"

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Messaggio Da ModCuoreInter Lun Giu 06, 2011 7:37 am

Javier Zanetti, che sentimento prova a giocare la Coppa America davanti alla sua gente?

«È un’emozione unica. Giocheremo insieme a tutto il Paese, anche gli amici che non si possono permettere trasferimenti in Europa saranno con noi. Qualcosa di speciale perl’Argentina,non solo per la Selecciòn».

Con l’Inter ha vinto tutto, con l’Argentina cinque medaglie d’argento: è una specie di maledizione?

«Le maledizioni non esistono, esistono situazioni che magari lì per lì non ti spieghi, ma che poi la storia sa spiegare. Non vivo complessi d’inferiorità rispetto ai risultati ottenuti con la Nazionale, anche se chiaramente le delusioni ci sono state e non le nego: i Mondiali 2002 e la Coppa America in Perù».

Prova rancore per le esclusioni dai Mondiali 2006 e 2010?

«No. Le scelte vanno sempre rispettate. E poi sapevo come stavano le cose... A buon intenditore, poche parole».

Il nuovo ct ha avuto ancora bisogno di lei: orgoglioso?

«Quando la nazionale chiama, l’orgoglio è dentro. Però non ho mai vissuto una nuova chiamata come una rivincita contro questo o quello».

Due finali perse contro il Brasile: la Coppa America risveglia soltanto ricordi negativi?

«La Coppa America ha un’atmosfera particolare. Quando sei dentro questo torneo, vivi delusioni o grandi gioie, però anche tante piccole situazioni comuni, alla squadra o alla famiglia, che porti nel cuore anche in caso di sconfitta in finale».

Ha mai pensato di dire addio alla Nazionale dopo una certa età?

«Sinceramente no. Sin quando mi vertirò, sin quando il fisico mi dirà “sve- gliati che devi andare all’allenamento”, io ci sarò. Non solo per giocare titolare tutte le partite».

Che clima si sta vivendo in Argentina?

«La sensazione è che sarà qualcosa di speciale, un avvenimento per il popolo».

È dal 1993 che l’Argentina non vince nulla: pressione?

«Sempre. Le responsabilità di una squa- dra nascono dalla storia, dalla consapevolezza di essere rappresentanti di un calcio che ha scritto pagine indimenticabili. Non sei Javer Zanetti, ma un calciatore dell’Ar- gentina.La pressione è il fuoco della nostra passione».

Un giovane che sarà la rivelazione di questa Coppa?

«Mi piacerebbe dire Samuel, perché lui è un eterno giovane che rinasce dopo ogni infortunio. Oppure Milito, un amico che ha sofferto tanto. Però dico Lamela tra gli argentini, Sanchez e Nilmar per gli altri».

Chi sarà l’uomo del torneo?

«Messi».

Riuscirà a essere per l’Argentina ciò che è per il Barcellona?

«Credo che Messi abbia raggiunto una maturità calcistica che si basa sul suo straordinario talento, ma non più solo su quello. A Wembley ha segnato un gol che va oltre le sue doti naturali. È il migliore perché è il più completo, il più sereno nel- l’essere ciò che è».

È scontato immaginare una finale tra voi e il Brasile?

«È unluogo comune.È lafinale sulla carta. Poi, però, bisogna andare in campo, giocare, lottare, sudare».

E se le capitasse di alzare la coppa a Buenos Aires?

«Solo a immaginarlo mi vengono i brividi: festeggiare sotto lo stesso cielo dei miei primi calci, dei campetti di periferia, dei derby in casa con mio fratello Sergio. Meglio non pensarci troppo, e giocare».

Da Maradona a Batista, da un ct famosissimo a uno poco conosciuto: non è strano?

«Batista non è uno sconosciuto, è un campione del mondo anche lui. Chiaro, Diego è Diego, è la storia che cammina, ma Batista ha fatto tante cose buone da calciatore e altrettante da alle- natore, in Argentina è molto apprezzato. Ha lavorato molto bene con le giovanili, ha vinto un oro olimpico, aveva ottime credenziali e ha sfruttato bene l’occasione».

Sanchez, Cavani e Thiago Silva sono stati i migliori del nostro campionato, ma perché a livello di nazionali continuano a dominare le europee?

«Il calcio sudamericano è più globale rispetto a una volta, con realtà emergenti, nuove nazioni che propongono ottimi cal- ciatori. Ma non bisogna dimenticare i fattori economici né il modo con cui le Na- zionali nascono, ovvero a distanza, non a pochi metri dal club di appartenenza del calciatore».

Lei ha il record di presenze nella Selecciòn, 140: fin dove vuole arrivare?

«Sin dove il Signore vorrà, io ci sarò».

Sarà la sua ultima Coppa America?

«Onestamente sì. Ma non ci voglio pensare. Strada facendo, l’ultima volta può diventare la penultima».

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