Berlusconi: "Ho messo 427mln in 7 anni. Poi ho visto il bilancio e sono svenuto"

«Nel Milan ci ho messo 427 milioni in sette anni, tutti di tasca mia. Poi ho visto il bilancio e sono svenuto».

Martedì sera, ospite d’onore alla cena milanese per l’anniversario della rivista Capital, Silvio Berlusconi non nasconde il disappunto per la performance - non solo economica - della sua squadra. Rispondendo a un gruppo di tifosi milanisti che partecipano all’evento, il presidente del Consiglio si lancia anche in una battuta sul club: «Signora - dice rivolto alla più scatenata delle fan - se lei ha 427 milioni glielo do». Solo una boutade, ovviamente, in un clima disteso come quello di una cena conviviale; ma forse anche un altro segnale del rapporto che si va facendo sempre più difficile tra Berlusconi e i tifosi rossoneri. Quei tifosi che ancora di recente lo hanno accusato di non fare abbastanza per la quadra.

Una situazione, quella del «presidente che ha vinto più di tutti», come ama definirsi in campo calcistico, che dovrà misurarsi anche con le insidie del calciomercato. Il pur probabile passaggio di Ronaldinho al Flamengo non basterà certo a finanziare l’acquisto di Ibrahimovic - le quotazioni di mercato lo danno tra i 30 e i 40 milioni - che placherebbe l’arsura della tifoseria. Del resto, sebbene faccia nominalmente capo alla Fininvest, la finanziaria di famiglia di cui Berlusconi ha i due terzi e che è guidata dalla figlia Marina, il Milan resta una questione personalissima dello stesso Cavaliere. È lui che decide chi e quando comprare e vendere, è lui che può permettersi il lusso - come è accaduto appunto martedì sera - di lamentarsi per il conto da quasi mezzo miliardo sborsato per il club rossonero.

Così, nella duplice veste di presidente del Consiglio che taglia i fondi agli enti locali e di presidente del Milan, Berlusconi appare costretto a mantenere una politica di austerità anche per quel che riguarda la squadra, senza pensare ad acquisti che pur drenando il portafoglio spingerebbero la sua popolarità. Non a caso la linea scelta dal presidente d’intesa con Adriano Galliani è quella di puntare sul vivaio: investimenti sui giovani e dita incrociate sperando nell’«effetto Barça», anche se è ovvio che il raccolto non sarà immediato.

Ma pur facendo salvo il dominio assoluto di Berlusconi sui destini della squadra, qualche ragionamento è inevitabile anche negli ambienti finanziari vicini al Milan. Una squadra che negli ultimi anni ha perso tra i 60 e i 70 milioni in ciascun esercizio - unica nota positiva il 2009, quando grazie alla cessione di Kakà il rosso si è ridotto a 10 milioni - può essere sostenibile se in cambio del risultato economico negativo c’è un ritorno in immagine. Ma se, come è accaduto a fine stagione, le contestazioni arrivano anche a San Siro, allora l’equazione quadra più difficilmente.

La vendita è più vicina? A sentire le fonti ufficiali no. Ancora a fine maggio Berlusconi ha detto di «non capire le domande» sulla vendita del Milan, «proprio a me che ne ho fatto la storia». E nonostante le cicliche indiscrezioni su possibili acquirenti - si è parlato del nuovo sponsor Emirates, poi con minore realismo anche della russa Gazprom - per ora compratori non ne sono spuntati. Adesso poi, chi volesse dedicarsi allo shopping calcistico in Italia, compresi i sempre evocati «investitori arabi» che per ora preferiscono le banche, può anche guardare alla Roma: brand meno forte, ma prezzi decisamente inferiori.